In passato – ma c’è chi ci crede ancora oggi – le malattie non venivano curate con un approccio medico come quello odierno. Ne è un esempio il male di San Donato, che sfociava nella religiosità.
Il Salento è ricco di tradizioni e di usanze che vengono tramandate da generazioni. Questo aspetto riguarda i più disparati ambiti. E tutti insieme vanno a comporre quello che è un importante patrimonio culturale che mette in luce il fascino tipico del modo di essere, di vivere e di pensare delle fasce più umili della popolazione nel corso dei secoli. Montesano Salentino, un comune della provincia di Lecce in Puglia, era noto per essere associato al cosiddetto “male di San Donato”.
Le attuali feste patronali, ormai laicizzate e svuotate di significato, sono diventate eventi commercializzati, caratterizzati da processioni anonime, bancarelle, giochi di fuoco e cantanti pop. Questo ha portato a un oblio del folklore e della religione, simboli delle “plebi rustiche del Mezzogiorno”, che riflettono la loro condizione storica e sociale. Ciò che resta oggi del rito di San Donato è l’adorazione privata, riservata a coloro che, colpiti dalla malattia, cercano conforto nella fede, nascondendo agli altri il loro dolore. Che cos’è più nello specifico il male di San Donato?
Il “male di San Donato” è una condizione tradizionalmente associata ad episodi di epilessia o crisi convulsive. E viene spesso interpretata in chiave folkloristica e culturale in quella parte del Salento. Secondo la tradizione, il male di San Donato è considerato una forma di malattia legata a fattori spirituali o mistici, piuttosto che a cause puramente mediche. San Donato è il santo patrono di diverse località, e secondo le credenze popolari, è in grado di proteggere i fedeli da malattie e possessioni demoniache. Le crisi epilettiche, in particolare, venivano storicamente interpretate come manifestazioni di una maledizione o di un’influenza negativa.
Di conseguenza, molte persone credono che il male di San Donato possa essere alleviato attraverso rituali religiosi, preghiere e interventi di guarigione. In ambito medico, l’epilessia è una condizione neurologica caratterizzata da crisi ricorrenti, causate da un’attività elettrica anomala nel cervello. La connessione tra epilessia e il male di San Donato riflette una visione più ampia che unisce medicina e spiritualità, mostrando come le culture locali possano interpretare e affrontare la malattia in modi che vanno oltre la mera diagnosi clinica. Anche se quasi mai le credenze popolari riescono a spiegare ed a curare le malattie. Basti pensare all’uso dei salassi, che non servivano a niente se non a peggiorare ancora di più la salute dei malati.
Oggi ne sappiamo molto di più sulla epilessia. La comunità medica riconosce tale condizione come trattabile attraverso farmaci e interventi medici. Ed incoraggia le persone a cercare aiuto professionale piuttosto che affidarsi esclusivamente a pratiche folkloristiche. In contrasto, il male di San Donato a Montesano Salentino, veniva lenito offrendo a tutti l’opportunità di liberarsi da antichi malesseri, repressioni e angosce, che spesso si manifestano in forme patologiche. Era un’adesione collettiva alla malattia, che poteva mostrarsi senza vergogna.
La festa patronale si celebra nei giorni più caldi dell’estate, il 6 e il 7 agosto. San Donato, protettore degli epilettici, è invocato anche contro il mal di testa e la follia, poiché una leggenda narra che morì decapitato, perdendo così la testa. In questo modo, protegge coloro che, per follia, epilessia o forti emicranie, “perdono la testa” in senso figurato.
Luigi Di Gianni, regista e antropologo, ha documentato il rito autentico di San Donato, attratto dall’intreccio tra ritualità pagana e cattolicesimo popolare nel sud Italia. Nel 1965, pubblicò il docufilm “Il male di San Donato”, che esplorava la condizione magica e rurale del mondo contadino degli anni ’60. In tempi passati, quando non esistevano farmaci e rimedi medici efficaci, l’unica soluzione era invocare l’aiuto di Dio e dei santi. E di San Donato, in questo caso particolare. Da cui il sorgere di questa tradizione. Di usanze e di credenze tipicamente salentine ce ne sono però tante altre, e sopravvivono in maniera florida ancora oggi.
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