Negli anni Ottanta, il Lecce milita tra la Serie B e la Serie A: nel suo organico, ha due grandi campioni argentini, Beto Barbas e Pedro Pasculli.
Ai più giovani i nomi di questi due ex calciatori del Lecce diranno poco o nulla, ma per molti altri – che li abbiano visti giocare oppure no – sono l’emblema del calcio salentino: parliamo degli argentini Juan Alberto Barbas e Pedro Pablo Pasculli, noti più semplicemente come Beto Barbas e Pedro Pasculli. Si trasferirono a Lecce nell’estate del 1985, in occasione della prima storica promozione in Serie A, e la loro storia divenne iconica.
Beto Barbas proveniva dal Real Saragozza e aveva vinto nel 1979 un Mondiale Under 20 con l’Argentina, in cui giocava anche Diego Armando Maradona; con la nazionale maggiore del suo Paese giocò praticamente fino all’arrivo a Lecce, disputando quindi il mondiale del 1982. Pasculli veniva invece dall’Argentinos Juniors e appena un anno prima di arrivare a Lecce aveva esordito in nazionale.
Con l’Argentina, Pasculli giocò meno di Barbas, 16 presenze contro le 33 del suo compagno di squadra a Lecce, segnando però quattro gol e uno di questi è davvero speciale. Pasculli, infatti, a differenza di Barbas, ha giocato il Mondiale del 1986 in Messico, laureandosi campione del mondo: due sole le presenze e un gol, quello del definitivo uno a zero contro l’Uruguay agli ottavi.
Quello che oggi risulterebbe sicuramente strano è che Pasculli venne convocato nonostante la retrocessione del Lecce in Serie B, ma è innegabile che siamo di fronte a un grande campione, arrivato a sorpresa in una piazza “provinciale”, e lo stesso si può dire di Barbas. Ma mentre quest’ultimo lasciò la formazione salentina nel 1990, con 162 presenze e 27 gol, Pasculli si trattenne due anni in più.
Ancora oggi, i tifosi della Curva Nord intonano un coro dedicato a Barbas, che è “Beto mina la bomba”, ovvero “tira la bomba”, facendo riferimento alle sue potentissime punizioni: lo abbiamo sentito anche in occasione di una premiazione dei due calciatori argentini allo Stadio Via Del Mare. Pasculli divenne iconico anche come capocannoniere: con 29 gol in Serie A, è il secondo miglior marcatore della storia, a pari merito con Mirko Vucinic e dietro solo a Ernesto Chevanton.
Barbas, che lasciò Lecce per Locarno nel 1990, è ricordato anche per la doppietta alla Roma del 1986 all’ultima giornata: i salentini già retrocessi “regalarono” così lo scudetto alla Juventus. Nel 1989, invece, Barbas segnò il gol del definitivo 3-1 nella partita che condannò il Torino alla Serie B. Le vicende di quel Lecce sono ben raccontate nel libro A Sud di Maradona di Andrea Ferreri.
Un calcio romantico, quello di Barbas e Pasculli, che fa strano ricordare nell’epoca in cui si parla della possibilità che in questo mondo entri anche Elon Musk. Anche il finale è di quelli romantici: Barbas, infatti, si è trasferito in Salento, innamorato di quella che è la sua terra adottiva, e collabora con l’Atletico Racale, squadra di Eccellenza. Per i tifosi, è dopo Chevanton il secondo giocatore più rappresentativo della storia del Lecce.
Anche Pasculli, che lasciò il Salento per tornare in Argentina nel 1992, si infortunò, partì poi per il Giappone e infine rientrò in Puglia, a Brindisi, non ha mai perso l’amore per Lecce: l’ex attaccante giallorosso, nel 2013, partecipò a un’udienza con Papa Francesco e gli regalò una maglia della squadra salentina. Pasculli vive ancora oggi nel Salento e ci vive da oltre 30 anni: dopo l’addio al calcio giocato ha ricoperto tanti ruoli di allenatore e dirigente in società calcistiche salentine, regionali e nazionali.
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