Girovagando per il Salento, ti sei imbattuto nella parola “Poppitu”? Ebbene, se ti stai interrogando sul suo significato, stai per chiarire ogni dubbio, ma non resterai contento della risposta.
Alcune parole sembrano nascondere dei segreti, misteri che si sono portate dietro nei secoli fino ad incuriosire chi le ascolta per la prima volta e si interroga sul loro significato. Un termine che per gli abitanti locali è usuale e comprensibile, per un passante può rappresentare un’incognita anche piuttosto affascinante.
E’ quel che ha provato chi ha sentito per la prima volta attribuirsi l’appellativo “poppitu” nell’alto Salento. Parola che viene spesso assegnata senza che il destinatario ne comprenda realmente il significato. Ebbene, capiamo cosa nasconda e perché, in realtà, non ha un’accezione positiva.
Il fascino della parola “Poppitu” risiede probabilmente nelle sue radici profonde, che affondano nella storia di una regione segnata da conquiste, mescolanze culturali e una netta distinzione tra città e campagna. “Poppito” deriva dal latino “Post oppidum”, che letteralmente significa “fuori dalle mura della città”.
Quando i Romani conquistarono il territorio salentino nel 267 a.C., portarono con sé una chiara distinzione tra chi viveva all’interno del centro urbano e chi abitava le campagne circostanti. Brindisi, conosciuta allora come Porta d’Oriente, divenne un simbolo di questo nuovo assetto territoriale e culturale. In questo contesto, il termine “Poppito” identificava semplicemente chi viveva oltre i confini protetti della città, un abitante delle zone rurali. Era un termine descrittivo, privo delle connotazioni negative che avrebbe acquisito nei secoli successivi e che porta con sé ancora oggi.
La parola, nel tempo, ha iniziato ad essere utilizzata con negatività, trasformandosi in un’etichetta che separava, più che descrivere. Oggigiorno, nel Salento, “Poppito” è diventato sinonimo di campagnolo, rozzo, persino straniero. Non si tratta più solo di una distinzione geografica, ma di un giudizio sociale e culturale. Ad esempio, gli abitanti di città come Brindisi, Taranto e Lecce, situate nell’Alto Salento, utilizzano questo termine per riferirsi ai salentini dell’estremo Sud, con tono ironico o di disprezzo.
Il cambiamento che ha subito la parola non è insolito. Il dialetto salentino è un insieme di influenze greche, latine e normanne e ogni termine porta con sé un pezzo di storia. Anche “poppitu” ha il suo bagaglio di riferimenti storici e culturali e la trasformazione che ha subito nel tempo, da aggettivo a pregiudizio, racconta come siano cambiati i rapporti tra città e campagna.
Oggi, la parola viene pronunciata spesso con un sorriso ironico o con un tono scherzoso, soprattutto tra gli abitanti delle città più grandi. Eppure, dietro questo uso apparentemente leggero si nasconde una realtà più complessa. “Poppitu” non è solo una parola, ma un simbolo delle divisioni interne a una comunità, delle differenze tra chi vive nel cuore delle città e chi abita le zone rurali, lontano dal centro.
Il fatto che oggi “poppitu” sia un termine carico d’ironia, lascia intendere che i tempi siano ulteriormente cambiati. Anche il Salento è una terra in piena evoluzione grazie allo sviluppo del turismo e all’avvento dell’innovazione. In un contesto come questo, termini come “poppitu” vanno a perdere il loro senso divisivo e restano null’altro che curiosità linguistiche interessanti, che aprono ai turisti una finestra sulla storia del posto.
Possiamo dire di “Poppitu” che si tratti di un collegamento tra passato e presente, un frammento linguistico che ci ricorda come anche le parole più semplici possano avere delle relazioni storiche importanti. Forse, col tempo, perderà del tutto le sue connotazioni negative, diventando solo un simbolo del passato. A proposito di termini salentini, sai cosa significa quando un abitante di zona risponde “pocca” ad una tua domanda?
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